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LEONARDO CUMBO - MELAMORFOSI

 

Metamorfosi (Melamorfosi) -1993

vetroresina, legno, gesso, smalti, ferro, njlon

cornice cm.400x220x3 / mele diam. cm.40

 

 

 

 

 

 

 

Marta Marzotto al XXIII Premio Suzzara accanto all'opera "Metamorfosi" di Leonardo Cumbo - 1993
 

 

 

METAMORFOSI

(dalla tesi di Diploma di Scultura discussa nel 1993 da Leonardo Cumbo presso l'Accademia di Balle Arti di Palermo)

Il divenire in una dimensione spazio-temporale come metamorfosi; metamorfosi come unica possibilita’ di esistenza-sopravvivenza del mondo e nel mondo, popolato da una moltitudine di esseri e cose, pensieri e idee, punti di vista e abitudini fenotipicamente distinte, apparentemente inconciliabili e, spesso, in antitesi tra loro, ma che in profondita’ sono portatori di ancestrali ‘matrici genetiche’ comuni. Lo spostamento da un livello d’esistenza ad un’altra, non implica un consumo, bensi’ un trasferimento di energia chimico-fisica e mentale; il propellente che innesca la prima delle reazioni a catena dei processi di trasformazione creativa, brucia nella caldaia dell’immaginazione e dell’intuizione…..
La pasta dentifricia sullo spazzolino cambia la ‘pelle’ del suo destino che prescriverebbe il suo dissolviimento tra denti sporchi e gengive infiammate, e assume una nuova identita’ trasformandosi in bruco. Grazie alla metamorfosi subita acquisisce impensabili peculiarita’ e nuove capacita’, tra le quali quella chemiotropica che gli consente di allontanarsi dal pericoloso spazzolino e di muoversi verso una fonte di nutrimento, di riprodursi e di proteggere la prole dalle insidie delle azioni dei rivali. Tra queste, si annovera il morso insidioso, ma forse ignaro di un bimbo affamato, o quello consapevole delle conseguenze nefaste di un adulto Adamo tegnologico, per nulla dissimile dall’Adamo bibbilco protostorico, che addenta con medesima energia la stessa mela bacata.
Una vite metallica intraprende un percorso parallelo a quello del bruco, tentando in vano di subire un simile processo di metamorfosi che gli consenta di compiere le medesime prodezze del verme. Ne simula, cosi’, il comportamento e tenta acquisire le stesse finalita’ ma ottiene, a causa della sua intrinseca natura esclusivamente meccanica, soltanto un parziale successo: l’acquisizione della capacita’ perforante ma non quella riproduttiva.
Il processo di trasformazione fisico-chimica e mentale delle mele e di tutto cio’ che e’ contenuto all’interno della cornice azzurra, e’ 'captato’ con una procedura che appartiene alla dimensione del tempo cinematico, per cui soltanto alcuni ‘fotogrammi’ vengono estrapolati da un itinerario di trasformazioni piu’ ampio. Sospesi in un diverso ambiente, i fotogrammi assumono, cosi’, una diversa valenza ed una propria autonomia, pur rimanendo intimamente connessi gli uni agli altri da un unico filo conduttore proveniente da e proiettato verso l’universo infinito delle possibili trasformazioni.
I margini della cornice azzurra delimitano, quindi, uno spazio vitale nuovo dentro il quale una breve sequenza, spazialmente ravvicinata, di momenti di trasformazione temporalmente distanti tra loro, si materializza con una frequenza, ovvero un ritmo spazio-temporale tale da consentire all’occhio umano di cogliere, senza alcuna difficolta’, un processo di metamorfosi fisico-chmica e mentale-intuitiva piu’ampio. I confini della cornice simboleggiano, in qualche modo, il limite della nostra capacita’ sensoriale di percepire la realta’ che ci circonda entro un determinato spettro di frequenze luminose, di sequenze spazio-temporali e logico-matematiche.
Il rapporto spazio-tempo e’ stato da sempre argomento di ricerca e di discussione, non solo tra gli scienziati, filosofi e pensatori vari ma anche tra gli artisti in genere.
Il tempo cinematico, analizzato e sperimentato da Anton Giulio Bragaglia, ideatore della ‘fotodinamica’ che consiste nell’impressionare sulla stesso fotogramma una sequenza di istanti, si contrappone al tempo Bergsoniano che introduce il concetto di ‘durata reale’, ovvero la contemporanea presenza , nella nostra coscienza, del passato e del presente, del ricordo che proiettandosi nel presente lo condiziona, facendolo apparire in un modo o in un altro. Bergson si oppone alla scienza esatta che sistema entro rigide intelaiature i dati empirici (il prima e il poi) e sensoriali, affermando che l’intuizione sia l’unico strumento in grado di penetrare all’interno delle cose e di cogliere nel profondo la realta’ nel suo divenire.
L’arte, come intuizione, penetra nelle cose infinitamente piu’ a fondo di qualunque sofisticato strumento d’indagine scientifica restituendone ai nostri sensi una quantita’ infinita di immagini nuove ed infinite sorprendenti verita’.
Il processo creativo che ha condotto allo sviluppo dell’opera in oggetto ha avuto origine nella dimensione del gioco dell’intuizione (o dell’intuizione del gioco).
L’azione assolutamente gratuita, compiuta per gioco, di infilzare una mela con uno spazzolino da denti, con una vite pacher e con un pezzo di filo elettrico attorcigliato, e’ stata all’origine dello sviluppo del progetto e della successiva realizzazione dell’istallazione “Metamorfosi”, un’opera che ancor oggi subisce continue modifiche e ‘aggiustamenti’.
All’esigenza di imprimere su pellicola fotografica quel ‘manufatto’, frutto di una azione giocosa, e’ seguita, nelle settimane successive, una sorta di necessita’ interiore impellente di sviluppare quell’input primordiale che mi ha condotto a partorire via via una sequenza di cinque versioni ‘aggiornate’ del 1°fotogramma.
Man mano che l’opera si andava materializzando mi rendevo conto di come il mio flusso creativo che scaturiva dalla dimensione dell’inconscio stava drenando linfa anche dal calderone delle mie acquisizioni culturali scolastiche e scientifiche universitarie prelevando elementi chiave da rimodellare e reinterpretrare.
I singoli elementi dell’istallazione sono costituiti dall’associazione-collisione inconsueta di oggetti apparentemente incongruenti. Questa dissimiglinza vuole agire sul fruitore, provocandolo ed intensificando quella che un artista surrealista del XX secolo, Max Ernest defini’ “irritabilita’ delle facolta’ dello spirito”. Quanto piu’ gli oggetti sono dissimili tra loro tanto piu’ la forza di stimolazione si fa intensa e tanto maggiore e’ il numero delle corde che vengono fatte vibrare nei meandri piu’ nascosti della coscienza interiore.
Ma se l’associazione degli elementi costituenti il 1° ‘fotogramma’ appare assolutamente incongruente, altrettanto non potra’ dirsi per il 2° ‘fotogramma’ in cui compare un indizio che lega lo spazzolino da denti alla mela: l’impronta del morso sulla mela ad opera di denti presumibilmente umani. Mentre la nuova possibile chiave di lettura introdotta dal suddetto indizio attenua lo ‘shock’, l’introduzione di un nuovo oggetto e del suo comportamento rimette ancora una volta tutto in discussione e crea altre possibili interpretazioni.
Nella trasmutazione il bruco, pur conservando le identiche sembianze della pasta dentifricia, ha perso la sua logica associazione con lo spazzolino per acquisirne un’altra piu’ congeniale alla sua nuova condizione di verme, cioe' con la mela, prediletta fonte di nutrimento e dimora ideale per la sua prole. Il processo che conduce al cambiamento di valenza tra i due elementi, identici nella conformazione, ha luogo nella nostra mente grazie alla sua capacita’ di svolgere un’attivita’ ‘paranoica’, tanto cara agli artisti di alcune avanguardie storiche del xx secolo.
Nel 3° ‘fotogramma’ assistiamo ad un evento non meno sconcertante e stupefacente: anche la vite metallica ha tradito il significato convenzionalmente attribuitogli e si e’ liberato dalla ‘logica delle abitudini’ trasformandosi in crisalide.
I frutti delle mie “allucinazioni” sono stati, via via, organizzati e disposti in un' intelaiatura spazio-temporale, studiata secondo un preciso schema compositivo geometrico e logico-matematico: rettangolo, diagonale, sequenza ritmica. La diagonale che viene disegnata dalla linea immaginaria che attraversa la sequenza delle mele sospese all’interno della cornice azzurra e che interseca il sistema delle ascisse e ordinate, rappresentate dai bordi orizzontali e verticali della cornice, visualizza un equazione matematica che esprime una costante di ‘trasformazione’. Anche, gli oggetti ‘duri’ ed ‘inorganici’ (spazzolino, vite, cornice) incarnano il concetto di costanza nel tempo, mentre gli oggetti ‘molli’ ed ‘organici’ (mele, detifricio, bruchi) incarnano momenti di trasformazione.
La sospensione delle mele ad un filo trasparente assume la valenza di un ‘ripescaggio’ dal flusso ininterrotto di trasformazione e di ‘congelamento’ di un istante di tale processo in un sistema spazio-temporale visibile.
Nel 5° ‘fotogramma’ l’oscillazione della mela sospesa conferisce una valenza erotica al movimento, accentuata dall’aspetto fallico, della grossa vite posta orizzontalmente sullo spazzolino. Il moto rotatoriorende, invece, minaccioso ed inquietantemente bellicoso lo stesso oggetto metallico.
Le dimensioni ingigantite e la reiterezione degli oggetti nella stessa istallazione hanno, fra gli altri, lo scopo di amplificare il potere penetrante delle immagini e dei loro paradossi. La fila sottostante di grandi piatti bianchi, intersecando diagonalmente la base della cornice ribadisce la tridimensionalita’ dell’opera e traccia la direzione di un nuovo percorso, ancora inesplorato, al di fuori del ristretto confine del riquadro azzurro.
Metamorfosi e’ la costante capacita’ di rinnovarsi per opporsi al non troppo lento processo di ‘entropia’, verso cui il sitema ‘termocreativo’ del nostro pianeta sta inesorabilmente avviandosi. Entropia e’ la tendenza al grigo assoluto, all’azzeramento di ogni sistema dialogico; la sua parola d’ordine e’ “omologazione” in nome della costituzione di un unico sistema planetario al servizio del dio-consumo ed in cui burattinaio e burattino finiscono con l’interpretrare la stessa grigia commedia del cane che si morde la coda.
Ovunque e in ogni istante, venefiche pozioni di omologazione camuffate da melassa sono somministrate con ogni mezzo a disposizione sortendo il devastante effetto di calcificare qualunque impulso creativo autonomo e di ottundere ogni capacita’ di reazione. Nella migliore delle condizioni, le prevedibili reazioni sono incanalate entro binari a senso unico su vagoni prefabbricati a hoc.
L’umanita e’ diventata una mostruosa industria di animali da consumo programmati per servire il ‘sistema’ nella propagandata illusione soporifera di servirsi del ‘sistema’. Imbottiti di archi riflessi indotti, gli uomini-serbatoio divorano passivamente ogni cosa essi ‘casualmente’ trovino lungo il tragitto: immagini, pensieri, comportamenti,rigorosamente preconfezionati e pronti per l’uso. E nella frenetica corsa dall’utero alla tomba, nessuna traccia di “uomo” trasuda piu’ dai loro cenci alla moda.
L’artista, …..uno strano animale, un biizzarro essere che per scelta propria o del sistema e’ collocato ai margini della societa’. E’ un cliche’ malriuscito per colp della sua indomabile foga creativa. E’ colui che nel creare si ricrea, nell’inventare si scopre, nel mettersi costantemente in discussione rinasce, cresce e si autodetermina. L’energiatermocreativa che palpita nella sua anima e’ la sua salvezza dall’entropia e la sua condanna all’isolamento o, nella piu’ ottimistica delle ipotesi, alla relegazione nelle “riserve” per animali in via d’estinzione.

 

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